Luglio 11

Un Middle Management che fa sistema dentro l’Istituzione scolastica

middlemanagementUn Middle Management che fa sistema dentro l’Istituzione scolastica
di  Renato Candia

     Con una serie di norme (1), riconducibili più o meno interamente al contesto di pianificazione del PNRR Scuola, sono state introdotte nelle Istituzioni nel nostro Paese le nuove figure del Tutor e dell’Orientatore. Pensate come ulteriori figure di sistema, assieme ai collaboratori del Dirigente e ad altre cariche non strettamente fiduciarie come i referenti attività o le funzioni strumentali, esse potrebbero venire ad arricchire il panorama interno del cosiddetto Middle Management, contribuendo a fornire alla propria Istituzione di appartenenza un importante contributo alla proposta formativa, in termini di potenziamento e promozione dell’ identità e della coerenza di una necessaria e condivisa visione/missione interna.

Di particolare rilievo, tuttavia, viene a porsi la questione propedeutica della formazione al ruolo che tali figure sarebbero chiamate a ricoprire. Come ormai ogni aspetto dell’azione formativa che caratterizzi un’Istituzione scolastica, in relazione all’offerta istituzionale e alle caratteristiche (fabbisogni) della comunità entro cui opera, anche queste figure, più che mai, necessitano di un posizionamento chiaro e visibile, in grado di comunicare all’utenza proponimenti, valori, volontà, condivisione, ascolti e risposte, che non siano soltanto peculiarità specifiche della mansione ricoperta, ma piuttosto vera e propria espressione dell’idea generale che quella stessa Istituzione si è data di se stessa.

Una posizione intermedia tra la figura del Dirigente scolastico e quelle del personale docente, amministrativo e collaboratore, consente di poter distribuire con maggiore efficacia strumentale, la narrazione particolare che l’Istituzione scolastica propone alla comunità di riferimento. L’autorevolezza e le competenze vengono declinate attraverso voci differenti: le figure intermedie possono risultare cruciali per promuovere e condividere con l’utenza un progetto formativo generale che si fondi su un paradigma identitario definito e chiaro, su un amalgama di gruppo capace di rendere il personale che opera nell’Istituzione una vera e propria comunità educante, nella gestione dei saperi, nella proposta didattica, nel senso di regole e norme, nei modi di fare relazione, nella disponibilità all’ascolto, al cambiamento, all’innovazione e all’apprendimento. Tutte queste si caratterizzano come componenti di un’unica identità in cui il personale si possa riconoscere e verso cui esso confronti la propria professionalità e le proprie potenzialità. Allo stesso modo si rende visibile all’utenza l’idea educativa e culturale di cui quella Istituzione è portatrice, purché al suo interno siano coltivate, mantenute ed espresse condivisione, coerenza e co-operatività.

Il paradigma identitario della singola Istituzione ha ragione d’essere a partire dalla visione che di essa sviluppa il Dirigente scolastico. Una visione dell’identità dell’Istituzione conferisce, tra le altre cose, concretezza all’azione quotidiana che, se adeguatamente percepita dall’utenza, favorisce la condivisione e promuove coerenza e rassicurazione nello sviluppo delle relazioni, sia interne che esterne. Senza dimenticare gli effetti benefici e positivi relativamente ad un maggiore controllo sui tassi potenziali di contenzioso.

Il tal senso è necessario che il paradigma identitario sia oggetto di monitoraggio, di revisione e, soprattutto, di costante comunicazione, in ognuna delle forme istituzionali possibili e consentite di cui l’Istituzione, in quanto pubblica amministrazione, può disporre. Con riferimento al senso e agli effetti della L.150/2000, il documento Piano di comunicazione del Governo – Linee guida per l’elaborazione dei programmi di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, prodotto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e l’editoria il 27 novembre 2018, fornisce una serie di direttive che, nel loro proporsi, offrono un quadro di aggiornamento sulle priorità da considerare e suggeriscono con decisione l’importanza di aspetti riguardanti il feedback, l’auto-valutazione formativa e lo storytelling di ciascuna singola amministrazione.

Da questo punto di vista l’elaborazione di un proprio Piano di comunicazione sembra imporre alla singola Istituzione la necessità di approfondire nel dettaglio la conoscenza di sé, come via preliminare all’elaborazione della propria voce istituzionale. Le Linee guida infatti chiedono, come condizioni per un efficace campagna di comunicazione, che vi siano 1.) consapevolezza del contesto dove vive l’utenza, 2.) coordinamento e coerenza di progettazione comunicativa e 3.) proprietà di sintesi di una visione unitaria dei programmi e dei tempi prioritari che l’Istituzione si dà.

Il documento fornisce poi nel dettaglio otto punti chiave per il percorso di elaborazione di un corretto Piano di comunicazione, come prescrive la Legge 150/2000. Negli approfondimenti relativi a ciascuno di questi punti chiave vengono ribadite e specificate le azioni che l’elaborazione del piano richiede. Tra le varie, viene evidenziata l’analisi dello scenario esterno e, a pari grado d’importanza, dello scenario interno, da cui può scaturire una valutazione del setting complessivo.

Le Linee raccomandano di considerare in valutazione dati quantitativi e qualitativi, raccomandano di evitare di rivolgersi a platee indistinte di utenza, possibilmente attraverso l’individuazione di un target primario e, all’occorrenza, di uno o più target secondari.

Altro aspetto importante è la considerazione del fatto che l’utente possa accedere alla comunicazione istituzionale attraverso diversi punti d’entrata (il sito, lo sportello degli uffici, una comunicazione scritta, un avviso, la relazione diretta col personale e/o con lo stesso Dirigente, ecc…): contano in questi casi la chiarezza, la coerenza, la costanza dell’accesso, la dinamicità dello strumento di comunicazione, una trasparenza tale da non ingenerare false aspettative, la promozione di relazioni bi-direzionali. In altre parole uno storytelling dell’Istituzione che sia unico, condiviso e riconoscibile, e che possegga contenuti di qualità verso cui l’utente si possa affacciare. La coerenza e la forza di uno storytelling che dia identità all’Istituzione e che mantenga la medesima visibilità per ciascuno dei punti di entrata, non fanno che aumentare il grado di coinvolgimento dell’utente.

L’importanza di uno storytelling condiviso, che narri l’Istituzione e la sua identità, deve poter coinvolgere il più possibile i professionisti che quella Istituzione fanno funzionare. Ecco così il valore del saper fare relazione: il Dirigente attiva un processo di comunicazione che sappia raccontare l’Istituzione. Gli elementi di composizione di questo racconto trovano reciproca corrispondenza tra gli attori del processo comunicativo in atto (ovvero tra il Dirigente e i suoi interlocutori, ma anche contemporaneamente tra gli interlocutori stessi, a vario e diverso livello di ruolo e mansioni) e costituiscono quella che Jan Assmann definisce struttura connettiva, facendola riferire al fondamento identitario della cultura che caratterizza storicamente un gruppo sociale. Questa struttura connettiva è una sorta di spazio comune di esperienze, di attese, di azioni che conferisce fiducia e orientamento al gruppo che vi partecipa, diventandone una vera e propria forza vincolante.

Il gruppo di condivisione della struttura connettiva che caratterizza la singola Istituzione, deve poter fare memoria delle azioni e degli atteggiamenti che conseguono alla struttura stessa. È lo stesso Assman che suggerisce una forma specifica per questo tipo di memoria: egli parla infatti di memoria culturale, capace di comprendere in sé altre memorie complementari e specifiche, come la memoria delle cose, la memoria comunicativa ecc… Ma suggerisce anche la necessità che essa, per farsi veramente strumento di sostegno e conferma di una struttura connettiva forte, deve poter andare oltre la funzionalità delle cose e delle situazioni. Soltanto andando oltre questa funzionalità i contenuti di questa memoria culturale diventano portatori di senso per la comunità che, impossessandosene, è capace anche di condividerli.

Per fare qualche esempio concreto basti pensare alla capacità di un collegio docenti di saper condividere e applicare con una comune coerenza di comportamenti una delibera organizzativa, o anche alle dinamiche e ai confini di un generale sistema di valutazione interna che garantisca a valutati e valutatori stessi criteri, uguali prospettive di osservazione e coerenti margini di gestione, e ancora ai modi e ai tempi di apertura e disponibilità nei confronti delle relazioni con le famiglie che se non sono strutturali rischiano derive personalistiche che annebbiano l’identità dell’Istituzione (la sua struttura connettiva) facendosi inoltre rischio di potenziale contenzioso. Questi aspetti di co-operatività sono già piuttosto chiari nel disegno che delinea funzionalità e mansioni del tutor scolastico, che “dovrà avere un dialogo costante con lo studente, la sua famiglia e i colleghi coinvolti nell’attività didattica rivolta al singolo studente” (Nota MIM n. 958/2023).

Appare piuttosto evidente che costruire una struttura connettiva per poi dotarla di una propria memoria culturale e gestirla attraverso un efficace sistema di comunicazione, richiede un tempo appropriato. Il modello attuale di Istituzione scolastica, spesso costretto a rincorrere emergenze e scadenze, sembrerebbe prestarsi non senza qualche fatica a un percorso di identità come questo che si sta descrivendo. Un aspetto critico tutt’altro che secondario, per esempio, riguarda l’argomento attualmente piuttosto dibattuto della rotazione degli incarichi dirigenziali: quanto tempo è necessario al Dirigente per appropriarsi del setting complessivo dell’Istituzione assegnata, declinarne la propria visione generale ed elaborarne un paradigma identitario capace di definire senso e significato della struttura connettiva sottesa all’azione formativa dell’Istituzione stessa? Vi sono poi questioni legate al turn over di sede del personale: in che misura il personale che ‘transita’ nella singola Istituzione scolastica compartecipa alla sua identità? In tal senso le figure che compongono il Middle Management diventano sempre più centrali nell’azione di facilitatori della condivisione identitaria, nella quotidianità dell’Istituzione, ma anche nelle fasi di transizione per la rimodulazione annuale del personale in servizio e/o per l’eventuale cambio di dirigenza.

Il Middle Management dunque accompagna l’azione dirigenziale a partire dal senso e dai significati dell’identità istituzionale e della sua comunicazione interna ed esterna. E questa funzione può essere svolta da una posizione privilegiata, anche e soprattutto rispetto a quella del Dirigente stesso. Lo spiega sempre Jan Assmann, parlando delle caratteristiche di numerosità che distinguono tra loro i gruppi sociali: un’identità collettiva funziona attraverso una circolazione comunitaria, un sistema di comunicazione in grado di raggiungere in ugual modo e misura tutti coloro che partecipano a questa identità. La forma più importante ed efficace di questa circolazione comunitaria consiste nel parlare l’un con l’altro, pratica comune nelle face to face communities (qual è per esempio, quella interna di un’Istituzione scolastica): norme, circolari, protocolli, regolamenti ecc…, ovvero testi scritti, fissano le regole, ma la condivisione, la consapevolezza e l’appartenenza si consolidano parlando, replicandone i modi di applicazione, discutendo eventuali varianti che richiederanno ratifiche collegiali.

È necessario quindi ripensare ad una formazione delle figure intermedie opportunamente mirata non soltanto alla mansione specifica ma anche, e soprattutto, alla consapevole percezione di una comune visione di senso della struttura connettiva che è sottesa all’Istituzione di servizio, capace di garantire chiarezza e coerenza al Progetto Formativo e di promuovere una professionalità partecipata e diffusa in grado di contribuire a dare sempre maggiore efficacia e autorevolezza all’azione educativa rivolta al territorio di riferimento.


(1) D.L. 36 del 30 aprile 2022 (ulteriori misure urgenti per l’attuazione del PNRR); D.M 328 del 22 dicembre 2022 (adozione delle allegate Linee guida per l’orientamento, relative alla riforma 1.4 “Riforma del sistema di orientamento” – PNRR); D.M 63 del 05 aprile 2023 (criteri di ripartizione delle risorse finanziarie per la valorizzazione del personale scolastico, con particolare riferimento alle figure del Tutor e dell’Osservatore); Nota M.I.M. n. 958 del 05 aprile 2023 (il tutor scolastico: prime indicazioni).

Jan Assmann (2001), La memoria culturale, Torino, Einaudi


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Posted 11 Luglio 2023 by admin in category articoli