Dicembre 12

Nei panni del DS. E non solo. A proposito di valorizzazione del merito

IMG_0198Nei panni del DS. E non solo. A proposito di valorizzazione del merito
di Antonio Valentino

Neanche a Batman si può chiedere tanto. È difficile entrare nei panni dei DS in questi ultimi anni senza provare un senso di oppressione. Per le frequentazioni che ne ho, devo riconoscere che il clima intorno si è ulteriormente appesantito, soprattutto per le molte incombenze che spesso non lasciano il respiro e per le difficoltà a farvi fronte; non essendoci sulle molte cose che incombono quel minimo di certezze che aiuta ad affrontare i problemi con un po’ di fiducia e serenità.

Andavano certamente messe nel conto – in aggiunta alle difficoltà di inizio d’anno, che comunque non sono mai agevoli in un sistema, come quello scolastico, dove si ha l’impressione di cominciare sempre tutto d’accapo – i problemi legati all’avvio della nuova legge di riforma. Che tra l’altro deve ancora essere digerita da chi è chiamato a tradurla operativamente.

E così, tra

– i Piani di miglioramento da condividere e a cui dare gambe,

– i Piani triennali dell’offerta formativa (PT) – un’impresa che, a voler fare le cose come Dio comanda, è tale da scombussolarti le giornate per settimane e settimane

– l’individuazione del Comitato di valutazione (CdV) e la gestione degli umori del collegio per la sua elezione e per le questioni sulla premialità che si porta dietro,

– l’utilizzo dell’organico potenziato, con risorse spesso diverse da quelle richieste, e ora la chiamata di supplenti dei neo immessi in ruolo che non hanno preso servizio nella sede assegnata,

– l’organizzazione delle giornate aperte per le nuove iscrizioni (nelle Superiori),

– i progetti per partecipare ai bandi ministeriali che l’amministrazione ha legato all’erogazione di fondi che, se non li hai – perché non hai tempo e non hai gente con cui costruirli e dargli forma e senso -, i 17 obiettivi strategici della buona scuola non si muovono dal comma 4 della legge;

e, ancora,

– il PAA, la sicurezza e la gestione del quotidiano ecc. ecc.,

non si può proprio dire che manchino – se proprio si vuole – possibilità e occasioni di pensare, maturare idee e visione e decidere con la necessaria … avvedutezza e lungimiranza.

Tra queste occasioni e possibilità, le novità del Piano Triennale e della così detta valorizzazione del merito, sono di quelle con cui – volendo – è corroborante cimentarsi. Almeno a sentire molti DS.

E anche tanti insegnanti che condividono con i loro dirigenti il clima rilassato e promettente – potendo – di queste settimane e mesi.

Le due questioni da insonnia

Ma proviamo ora a parlare di queste due questioni (PR e merito) con tono più appropriato, perché, come si capisce, le sorti della buona scuola che si vuole costruire sono condizionate dal tipo di risposte unitarie che sapremo dare ad esse.

La questione del PT, solo apparentemente sembra più semplice, perché richiama il vecchio POF che conosciamo. In realtà è operazione del tutto nuova, complessa, che si gioca su paradigmi prima assenti:

– i piani di miglioramento (PdM), come risposte operative alle aree di criticità delle scuole

– gli obiettivi strategici della nuova riforma,

– la triennalità e monitoraggio annuale,

– i risultati previsti, dei quali il DS è tenuto a rispondere – e questa volta non per modo di dire – in sede di valutazione triennale,

– una progettualità che non si esaurisce nella fase della elaborazione, ma che va ripensata in funzione delle varie fasi di implementazione dell’intero triennio.

L’impegno per l’operazione PT ha indubbiamente un valore strategico, a volerlo considerare per come dovrebbe. Molte cose, soprattutto in prospettiva, si giocano su questo terreno e perciò, forse, tra le molte attenzioni e preoccupazioni del DS e dei docenti più impegnati, questa del PT ha una sua centralità.

Un tema da allarme rosso: l’attribuzione del bonus. Proviamo a ragionarci

Ma, se questo terreno (il PT) – per quanto nuovo, strategico e complesso – permette comunque di vedere alcune vie d’uscita che possono lasciare bene sperare, ben più problematica appare, allo stato attuale, la questione della valorizzazione del merito con l’attribuzione del bonus, da parte del DS; attribuzione che va fatta sulla base di “motivata valutazione” (c. 93).

La procedura prevede anche, come è noto, che i criteri siano definiti da un apposito CdV per tre aree di premialità indicate nel testo di legge (c. 129).

Ci sono in questa procedura almeno tre scelte dirompenti su cui concentrarci.

La prima: Il bonus è un premio – per gli insegnanti considerati meritevoli – non in virtù di funzioni ricoperte e quindi di attività svolte in coerenza, ma
– della qualità delle loro prestazioni e dei livelli di competenza professionale raggiunti
– dei risultati delle loro azioni
– dell’impegno dimostrato (c. 93b).

Due aspetti rilevanti al riguardo. Il primo: “la valorizzazione dell’impegno e del merito” va considerata “sotto il profilo individuale e negli ambiti collegiali”; il secondo: la prevista valutazione del DS “terrà in conto”, tra l’altro, la capacità che lo stesso saprà dimostrare al riguardo.

Da sottolineare che il testo di legge fa rientrare nella nozione del merito, oltre alle voci sopra riportate, anche /sempre c.129)
– il contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica ….
– la collaborazione alla ricerca didattica, documentazione, diffusione di buone pratiche
– le responsabilità assunte nel coordinamento

È evidente in questa formulazione il salto – rilevante – rispetto al CCNL del ’99 che, come sappiamo, prevedeva retribuzioni aggiuntive solo per il fatto che funzioni e attività venivano effettivamente svolte, prescindendo quindi da esiti e qualità.

La seconda scelta: il bonus viene attribuito sulla base di “motivata motivazione”. Per la prima volta si parla di valutazione dei docenti, anche se in una prospettiva di valorizzazione e promozione e non in termini di valutazione di tipo formativo o con altre finalità (per esempio, la conferma di un incarico particolare).

La terza scelta: il DS ri-assume la competenza valutativa (per quanto sostanzialmente formale), cancellata dai Decreti Delegati del ’74. Anche se questa competenza prevista dalla nuova riforma è finalizzata, come si diceva, all’attribuzione del premio e viene esercitata sulla base di criteri stabiliti dal CdV.

Questa “nuova” prerogativa, assieme ad altre previste dalla legge (soprattutto: la definizione degli indirizzi per la elaborazione del Piano Triennale, la individuazione dei docenti, da un albo territoriale, con cui andare a integrare l’organico di istituto), assicurano al DS una collocazione centrale nel governo complessivo della scuola e fanno di lui – a ben vedere – la più importante leva pensata per il cambiamento dell’istituzione scuola.

Il primo documento della Buona scuola partiva invece, come sappiamo, da un’ottica diversa, vedendo soprattutto nei docenti – nella loro qualificazione e nella partecipazione responsabile alla vita della scuola – il fattore principale del rinnovamento.

Queste tre scelte – soprattutto – cambiano in profondità il profilo della nostra scuola, quale che sia il giudizio che se ne vuol dare. Mi sembrano comunque interessanti le considerazione che al riguardo svolge Mario Castoldi[1] che vede, sotteso alle scelte sopra richiamate, un elemento fondamentale di cambiamento: quello di aver portato in primo piano il principio della responsabilità di tipo professionale, nella sua duplice accezione di rispondere e rendere conto”. Principio di responsabilità finora “nascosto a qualsiasi livello del servizio scolastico e pencolante tra responsabilità di tipo contrattuale, che assimila il profilo docente a quello impiegatizio di funzionario pubblico, e una responsabilità di tipo morale (missionario laico)”.

Se riconosciamo a questa analisi una sua fondatezza e tendiamo a considerare la valorizzazione del merito come il tentativo di riportare in primo piano questo principio finora tabù – con il suo corollario della valutazione anche del lavoro docente – non possiamo guardare a questa opzione come a qualcosa di scandaloso, come pure da qualche parte si fa. Soprattutto ove si consideri che nella nozione di merito entrano voci come “contributi al miglioramento della vita scolastica” (si è insegnanti meritori, in altri termini, non solo in quanto insegnante nelle proprie classi), “collaborazione alla ricerca didattica …”, “responsabilità … nel coordinamento …”. E che non solo di merito individuale si parla, ma anche di merito collegiale (di ambito collegiale). Lo stesso termine di valorizzazione (non solo quindi riconoscimento attraverso l’attribuzione del bonus), rimanda ad un’idea di merito come qualcosa che ha valore in quanto tende a rendere “meritoria” tutta la scuola, per il contributo qualificante e innovativo (che punta programmaticamente alla qualità e all’innovazione) di chi vi opera.

I problemi aperti (e difficili da chiudere)

I problemi nascono ove si consideri il dispositivo adottato; dispositivo che non sembra fare i conti con le criticità che riguardano la sua gestione e le ricadute. Richiamo soprattutto i seguenti:

la prima criticità riguarda il percorso che porta all’individuazione dei soggetti da premiare (Interrogativi: come farà il DS a individuarli? Vox populi? Autosegnalazione /autocandidatura da parte di chi aspira al premio? Escludere a priori chi ha avuto contestazioni o richiami? … Una vera e propria impresa);

la seconda: il senso di una valutazione sul singolo anno, quando con il PT e i processi di autovalutazione i vari processi si sviluppano su un arco triennale;

la terza: i rischi di un clima di fatto competitivo sulla vita complessiva della scuola e sui suoi progetti di miglioramento (Interrogativi: l’attribuzione del premio ai soggetti valutati più meritevoli – numericamente comunque pochi, se non pochissimi – quale impatto potrà avere sugli altri, che si sono comunque anch’essi impegnati su progetti e iniziative di miglioramento, e che ne sono rimasti esclusi? Quali reazioni potranno scatenare le prevedibili esclusioni di chi è appena fuori dalla cerchia? La logica: competition is competition può dar vita ad una buona scuola? Quali le conseguenze, in altri termini, per un clima di scuola che si vuole caratterizzato da fiducia e spirito collaborativo e che è condizione per partire col piede giusto?). Quest’ultima criticità riguarda anche i rischi che corre lo stesso DS che, nelle condizioni di continua emergenza in cui è costretto a lavorare, può essere tentato di trasformare in strumento lacerante di potere il premio previsto come leva per il rinnovamento.

Pensando alle vie d’uscita. E a quelle da escludere

Pur riconoscendo comunque che sul tema premialità – meritorietà le scelte di fondo della legge possono apparire in buona misura degni di attenzione per le considerazioni svolte in precedenza, il meccanismo dell’attribuzione del bonus e i termini previsti generano però, come si è visto, più problemi che risposte persuasive.

Le difficoltà e i contraccolpi che si prevedono infatti dietro l’angolo sono comunque tale da impensierire fortemente.

Ciò richiamato, va comunque aggiunto che non ci fanno fare passi in avanti e non cambiano la situazione attuale proposte che tendano a riportare la discussione al CCNL del ’99: eludendo la questione con erogazioni a pioggia o distribuzione a rotazione o con meccanismi che ripropongono di premiare non l’impegno, la qualità del lavoro svolto o i risultati conseguiti, ma il lavoro sotteso agli incarichi e alle figure funzionali al perseguimento degli obiettivi del POF; lavoro che già oggi viene riconosciuto, anche se in misura inadeguata.

Non si finisce in questo modo col rinsaldare una concezione egualitaristica, sostanzialmente iniqua, del lavoro a scuola e, soprattutto, un modello organizzativo di tipo domestico[2] che favorisce l’irresponsabilità e non aiuta certo a sconfiggere l’immobilismo del sistema?

La domanda che si pone a questo punto potrebbe essere la seguente: Ci sono comunque spazi perché su questo terreno delicato – anche valorizzando le opportunità della legge su risorse e indicatori – si possa recuperare qualcosa delle buone ragioni della meritorietà[3] / valorizzazione del merito? Ci sono interpretazioni possibili – nel difficile equilibrio tra possibilità e vincoli – che siano tali da prefigurare una sperimentazione triennale minimamente sensata? (V. Schede 1 e 2, per un primo molto parziale contributo).

La difficile risposta penso debba essere cercata in una sperimentazione di dispositivi attenti comunque

– a salvaguardare e/o costruire in primo luogo un clima positivo di lavoro e di reciproca fiducia

– a riconoscere, attraverso il bonus, l’impegno, la qualità e i risultati del lavoro svolto, quali che siano le aree di premialità che si vogliano scegliere, l’entità dei compensi e la “platea” a cui attribuirli,

– a favorire un’idea di scuola come comunità professionale, premiando l’impegno al lavoro cooperativo, curato e comunque sempre orientato all’obiettivo centrale del fare scuola: il successo formativo degli studenti.

Merito: Scheda 1

Una ipotesi “sperimentale” per la transizione (in attesa di tempi migliori)

Attribuire il bonus
– a chi, su una o più aree della premialità, indicate dal c. 129 e assunte nel PT, si impegna su obiettivi di processo (individua strategie promettenti) e raggiunge risultati previsti ed eventualmente trasferibili
– in primo luogo: per processi e risultati che si realizzino nelle articolazioni del Collegio (Cdc e GD – o loro sottogruppi – ma anche gruppi di progetto specifici) e che corrispondano ai criteri definiti dal CdV.

In altri termini: favorire la dimensione collettiva.

Merito: Scheda 2

Criteri per mobilitare (sperabilmente) energie e impegno di tutti
– Che il bonus non scenda al di sotto di una certa soglia (che toglierebbe appetibilità)
– Che gli obiettivi di risultato e di processo rientrino all’interno delle scelte del PT, siano opportunamente esplicitati da parte dei soggetti interessati così da permettere verifiche e valutazione a fine anno.
– Che i criteri privilegino la qualità dei processi attivati e il raggiungimento e la trasferibilità dei risultati

Ragionare preferibilmente sul modello negoziale[4] (Cerini) e sull’ approccio amministrativo – istituzionale[5] ( (Offeddu)

È questa la sfida difficilissima che pesa, tra le altre, soprattutto sui ds e docenti impegnati. Sfida che ha un senso se tende soprattutto a valorizzare l’impegno personale a mettersi in gioco rispetto alla prospettiva di una scuola che sia essa in primo luogo “meritoria”.

Lavorare comunque ad una diversa prospettiva

In questa ricerca di soluzioni appropriate che facciano perno sulla scuola come comunità di pratiche cooperative (vs individualismi e autoreferenzialità e vs libertà di insegnamento come privilegio senza responsabilità), penso comunque che debba essere ripresa con energia e realismo la prospettiva di dispositivi diversi su tale questione; per costruire assieme – reti di scuola e reti telematiche, organizzazioni sindacali, associazioni professionali, riviste specializzate – ciascuna, per le proprie competenze, una proposta da portare al dibattito parlamentale in tempi utili per partire col prossimo triennio con un modello più condiviso e funzionale.

Le indicazioni che emergono dall’esperienza (a cui si è chiamati dalle attuali disposizioni normative sulla materia) potranno riuscire utili per costruire una proposta più credibile e che abbia maggiori possibilità di successo.

Ritengo possa rappresentare al riguardo una buona base di partenza, proprio il meccanismo previsto dal primo documento della Buona Scuola (settembre 2014). Mi riferisco al sistema di crediti triennali – sui tre ambiti della didattica, della formazione e della collaborazione al funzionamento della scuola – e allo strumento del portfolio: volti a prefigurare una progressione economica e uno sviluppo di carriera capaci di motivare, coinvolgere, responsabilizzare.

Ovviamente in questa prospettiva non possono trovare posto scelte di stampo brunettiano che limitino preventivamente la platea di quanti comunque intendono motivarsi ad acquisire – attraverso il raggiungimento di opportuni standard – i crediti necessari per gli “scatti” previsti.

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[1] M. Castoldi, Valutazione, in “Voci della scuola” 8/2015 – Tecnodid

[2] Nella letteratura specialistica, il modello organizzativo domestico si caratterizza per posizioni organizzative “sicure”, che favoriscono pertanto comportamenti “seduti” (non preoccupati delle responsabilità legate al ruolo e agli incarichi connessi); e tali comunque da non sollecitare riflessioni critiche dei risultati del proprio lavoro e dei propri stili professionali (cura non elevata della qualità e delle prestazioni). V. Piero Romei, La scuola come organizzazione”, Franco Angeli 1993.

[3] V. Cinzia Mion, Meritocrazia, meritorietà, merito e scuola (di prossima pubblicazione presso Rivista dell’Istruzione, Maggioli editore)

[4] Modello centrato sulla verifica del raggiungimento dei risultati programmati. V. M. Spinosi, Il CdV. Slide

[5] Riconducibile alla formula: “riconosco – a seguito di verifica – ciò che hai realizzato…”. V. Marcella Offeddu, L’individuazione e validazione delle competenze: interpretazioni, in Ris 5 – 2015


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Posted 12 Dicembre 2015 by admin in category articoli

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