Giugno 16

Un modello per la classe post-pandemia

steam-education-wheel-infographic-steam-education-wheel-infographic-science-technology-engineering-arts-math-157795670Un modello per la classe post-pandemia
di Renato Candia

Le evidenze riferite al sistema scuola e portate alla luce dalla pandemia, sono certamente più complesse e articolate dell’unico tema prevalente che sembrerebbe per ora animare i dibattiti quotidiani quasi più di un campionato di calcio, ovvero la questione della Didattica a Distanza.
Senza nulla togliere alla crucialità dell’esperienza DaD, andrebbe per esempio opportunamente ri-considerata con maggior attenzione l’esperienza del contenimento del numero di alunni per classe che, da obbligata dai vincoli del distanziamento anti-contagio, ha dimostrato palesemente la sua efficacia (per altro già piuttosto chiara ai professionisti della scuola) nell’offrirsi come ambiente di apprendimento capace di privilegiare esperienze, linguaggi e relazioni piuttosto che semplice trasmissione dei saperi. Si è mostrato come sia necessario intervenire con una visione progettuale e normativa più ampia nella pianificazione degli organici, prevedendo stabilmente classi di non più 15/20 alunni (superando così i parametri attuali), magari incrementando ulteriormente il modello dell’organico funzionale e dell’organico di potenziamento, verso tutti gli ordini di scuola laddove le componenti affettive, ciascuna per la propria fascia d’età, evidenzierebbero bisogni importanti e non trascurabili.
Migliorare il rapporto numerico alunni-insegnante, quindi, è un evidenza palese e un’urgenza improrogabile. Questo permette di riconsiderare nuove e diverse vie per un approccio più empirico alle conoscenze e agli apprendimenti. Nella sua recente lectio magistralis, per la Laurea ad honorem conferitagli dall’Università di Palermo, Franco Lorenzoni (il maestro fondatore, tra tutto il resto, della Casa laboratorio di Cenci, in Umbria), ha insistito sul bisogno di ogni bambino di essere ascoltato, di esercitare linguaggi sensoriali multipli e diversi, costruire, suonare, leggere, studiare, fare teatro, disegnare, ecc.. Ma l’ascolto, ovviamente, è molto spesso silenzioso, fatto di osservazioni, rilevazioni e intuizioni, e parte dalla comprensione, da parte dell’insegnante, di ciò che l’alunno sa piuttosto che dal computo di ciò che non sa.
Un rapporto numerico alunni-insegnante più adeguato promuove più efficacemente la relazione. Partendo allora da una prospettiva macro, per esempio, torna sempre utile ripensare alla relazione scuola-società: il mondo cambia quando, per necessità o per virtù, cambia la visione che si ha di esso. Si tratta di un tema piuttosto attuale nel dibattito in corso all’interno della sociologia della scienza: il pensiero scientifico parla il linguaggio della verità? Il pensiero scientifico è neutro? Il pensiero scientifico esprime l’epoca che lo produce? Il pensiero scientifico è in grado di descrivere la realtà così com’è? Il processo temporale di evoluzione della scienza, come sosteneva Karl Popper, è fatto di congetture che a loro volta funzionano fino a quando non vengono confutate da altre congetture che sono in grado di descrivere meglio e più efficacemente ciò di cui si occupano. Non esistono teorie del tutto, quindi, ma piuttosto, per citare sempre il filosofo austriaco, congetture e confutazioni.

Nella relazione insegnante-alunno questa prospettiva si allarga verso una dimensione filosofica vera e propria dell’apprendimento. E della sua efficacia ne sono ottima testimonianza i successi sempre più diffusi nelle nostre scuole dei progetti e delle iniziative STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e STEAM (scienza, tecnologia, ingegneria, arti e matematica), che spostano la centralità dei processi di apprendimento e della loro programmazione a forme sempre più inter-intra-disciplinari attraverso il superamento ormai netto dell’idea di discipline principe e discipline gregarie, che era fortemente consolidato nella scuola dei Programmi, precedente la scuola delle Indicazioni, verso un’idea più costruttiva di mutuo soccorso pluri-disciplinare. La scuola dunque come terreno di narrazioni, nel senso stretto che questo termine ha assunto oggi nei contesti della comunicazione mediale, o meglio di un’unica grande narrazione capace di essere contemporaneamente sapere e visione del mondo (sapere e visione della quotidianità). Conoscere le cose ma capire anche che possono essere diverse da come sembrano: immaginare che si poteva conversare stando a grandi distanze portò all’invenzione del telefono, immaginare che un selettore di numeri a rotella o a tasti potesse essere sostituito da più seduttive e gratificanti superfici sensibili al tatto ha portato all’invenzione dello smartphone, immaginare qualcosa che prima non c’era e poi non ne puoi assolutamente fare a meno ha portato alla rivoluzione digitale di Steve Jobs e Bill Gates. In tal senso qualunque approccio a questa narrazione esercitata (e/o esercitabile) dalla scuola può essere legittimato dal conoscere le sensibilità di ciascuno dei nostri interlocutori, ovvero il modo per poter interagire a partire dalla curiosità, ovvero dall’esercizio di emozioni, che accompagnano la relazione alunno-insegnante.
È interessante osservare i modi editoriali con cui le discipline, a loro volta, stanno manifestando una certa crescente attenzione ad agire dando il più possibile forma divulgativa a conoscenze e saperi considerati fino a non troppo tempo fa, almeno apparentemente, specialistici e settoriali. Oltre alla documentaristica facilmente accessibile sui canali web e televisivi, si pensi ai libri di scienziati come Carlo Rovelli, matematici come Piergiorgio Odifreddi, storici come Alessandro Barbero o designer come Riccardo Falcinelli.

Quanto infine sia importante e urgente mettere concretamente la relazione al centro dei processi di apprendimento ce lo racconta la quotidianità. Gli esperti del marketing, per fare un esempio, studiano la relazione produttore-cliente la cui approfondita conoscenza è finalizzata ad un mercato commerciale il più conveniente e redditizio possibile. Negli ultimi due decenni l’evoluzione del pubblico televisivo in soggetto fruitore di social media e piattaforme streaming, passato perciò dalla visione di qualche decina di spot tv al consumo indotto di qualche migliaio di annunci pubblicitari al giorno, ha portato al crollo totale della pubblicità di massa a favore di processi contenuti di fidelizzazione del consumatore su specifici prodotti: è lo stesso consumatore, anche fruendo dei contatti sui social media frequentati, che ‘comunica’ quel prodotto, con una sorta di passa parola a catena, diventando così esso stesso vettore primario di promozione pubblicitaria. Questa narrazione del consumatore si fa canale di condivisione della sua soddisfazione (il feedback di ogni campagna di vendita si chiama non a caso Customer Satisfaction, ovvero soddisfazione del cliente), che diviene a sua volta motore motivazionale della narrazione stessa. Ancora una volta esercizio di emozioni: nella classe ideale la relazione diretta alunno-insegnante promuove l’esercizio delle emozioni, che a sua volta motiva il contesto di una narrazione generale, al cui centro, ripetiamo, possono efficacemente trovare collocazione una giusta curiosità verso ciò che ancora non si conosce, ovvero, agli occhi e tra le mani dell’alunno, ciò che probabilmente ancora non esiste.


Copyright © 2014. All rights reserved.

Posted 16 Giugno 2021 by admin in category articoli