Febbraio 22

Con le competenze non si gioca

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di Maurizio Tiriticco

Ho letto con molta attenzione i due modelli di certificazione delle competenze che i nostri alunni dovrebbero conseguire al termine della scuola primaria e del primo ciclo di istruzione: sono allegati alla recente cm 3/15. La prima considerazione critica riguarda l’opportunità stessa di certificare competenze relative a bambini/e di dieci anni e di adolescenti di quattordici. Il possesso e l’esercizio di una reale competenza sono cose troppo impegnative per riguardare fasce di età così basse. Ma è un’osservazione che lascia il tempo che trova, perché la nostra Amministrazione, che in materia di competenze mastica poco o nulla, da quando il concetto stesso di competenza è entrato nel linguaggio dei processi di Educazione, Istruzione e Formazione, “importato” – se così si può dire – da ricerche effettuate oltralpe ed entrate nelle normativa dell’Unione europea, si è sentita in dovere di infilare questa sorta di parola, magica e salvifica nello stesso tempo, in ogni testo normativo: ovviamente, senza mai darne una definizione certa, tale che gli operatori scolastici potessero condividere.

E’ un’esperienza che ho mal vissuto personalmente quando, con la prima applicazione della legge 425/97, che riordinava l’esame di Stato dell’istruzione secondaria superiore, non si riuscì neanche a dare una definizione di “competenza”. Tant’è vero che un esame che avrebbe dovuto sostituire alla “valutazione globale della personalità del candidato” (L. 119/69, art. 5) la necessità di “dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite” (L. 425/97, art. 6)”, anche per tener conto “delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea” (ibidem), a tutt’oggi vive ancora nel limbo! E va anche considerato che con l’anno scolastico in corso si conclude il riordino avviato cinque anni fa, con i dpr 87, 88 e 89 e le Direttive 4 e 5 del 16 gennaio 2012, e fortemente finalizzato, proprio, alla certificazione delle competenze!!!

Per anni l’amministrazione si è prodigata a “legiferare” sul fatto che, alla fine della scuola primaria e alla fine del primo ciclo, le scuole sono tenute a verificare le competenze raggiunte dagli alunni, ma non ha mai indicato quali fossero concretamente queste competenze, lasciando alle scuole l’onore e l’onere di “inventarsele”, letteralmente! Ma una competenza non si inventa! Così per anni i nostri alunni, usciti dai due gradi di istruzione si sono trovati nella mani documenti diversi, incomparabili, inutili ai fini di una concreta utilizzazione. E va poi considerato che oggi, sotto il profilo formale, le uniche competenze spendibili per proseguire gli studi nell‘istruzione o nella formazione professionale regionale o per accedere all’apprendistato (nel caso il soggetto abbia conseguito i 15 anni di età), sono solo quelle che concludono l’obbligo di istruzione, ormai decennale.

E non si capisce perché questo esame di terza media debba essere sempre così impegnativo (appesantito pure dalla prova nazionale Invalsi), quando in effetti non conclude un ciclo completo di studi! Se è vero, com’è vero, che abbiamo avvertito l’esigenza di innalzare di due anni l’assicella relativa alla conclusione deglii studi obbligatori e necessari per poi fare altre scelte. Pertanto, non sarebbe forse l’ora di pensare a un ciclo decennale obbligatorio continuo e progressivo, pur se, ovviamente, articolato al suo interno? Un’articolazione che, però, non debba necessariamente essere l’attuale differenza formale di distinti gradi di istruzione. E l’esame di Stato, previsto dalla Costituzione, coinciderebbe con la certificazione delle competenze raggiunte al termine dell’unico e unitario ciclo decennale finalizzato al conseguimento dell’obbligo di istruzione.

Rispetto a queste colossali carenze della nostra amministrazione, qualche eccezione va fatta, ovviamente. Infatti, per quanto riguarda la conclusione dell’obbligo decennale di istruzione, sono state individuate con il dm 139/07: a) competenze chiave di cittadinanza, necessarie e indispensabili ai fini dell’apprendimento per tutta la vita, in ordine a quanto indicato anche e soprattutto dalla Raccomandazione europea del 18 dicembre 2006; b) competenze culturali rintracciabili lungo quattro assi pluri- ed interdisciplinari, in relazione al fatto che una competenza molto difficilmente è afferibile a un unico campo disciplinare. Però, quando si è trattato di definire il modello di certificazione – il che è avvenuto inspiegabilmente ben tre anni dopo, con il dm 9/10 – l’amministrazione ha omesso la certificazione delle competenze di cittadinanza, che sono altra cosa rispetto a quelle culturali, e non possono assolutamente costituirne pessimo ingegnere, oppure un ottimo ingegnere, però… a servizio della mafia!

Non va poi dimenticato il lavoro effettuato da gruppi di esperti per quanto riguarda l’individuazione, la definizione e la descrizione delle competenze terminali dei percorsi degli istituti tecnici e professionali, anche se nei limiti delle singole discipline di studio. Non si capisce, comunque, perché, per quanto riguarda i percorsi liceali, non sia stata adottata la medesima procedura: di competenze si parla anche troppo spesso nel documento di riordino, ma queste… “scompaiono”, al termine dei percorsi. Così, di fatto, abbiamo nel nostre Paese due modelli di percorsi di istruzione secondaria di secondo grado: quello dei tecnici e dei professionali, governato da Linee guida, finalizzato all’acquisizione di competenze, e quello dei licei, governato da Indicazioni nazionali, finalizzato non si sa bene a che cosa!

Per quanto riguarda il merito dei due modelli proposti dalla cm 3/15, ritengo che:un semplice “riferimento”, come si afferma nel citato dm. In effetti, un soggetto può essere un ottimo cittadino, ma un pessimo ingegnere, oppure un ottimo ingegnere, però… a servizio della mafia!

Non va poi dimenticato il lavoro effettuato da gruppi di esperti per quanto riguarda l’individuazione, la definizione e la descrizione delle competenze terminali dei percorsi degli istituti tecnici e professionali, anche se nei limiti delle singole discipline di studio. Non si capisce, comunque, perché, per quanto riguarda i percorsi liceali, non sia stata adottata la medesima procedura: di competenze si parla anche troppo spesso nel documento di riordino, ma queste… “scompaiono”, al termine dei percorsi. Così, di fatto, abbiamo nel nostre Paese due modelli di percorsi di istruzione secondaria di secondo grado: quello dei tecnici e dei professionali, governato da Linee guida, finalizzato all’acquisizione di competenze, e quello dei licei, governato da Indicazioni nazionali, finalizzato non si sa bene a che cosa!

Per quanto riguarda il merito dei due modelli proposti dalla cm 3/15, ritengo che:

  1. a) la competenza è una cosa troppo seria perché un adolescente di 11 e poi di 14 anni possa essere dichiarato “competente” in qualcosa. A meno che non si voglia dire che è competente un bambino quando è in grado di controllare le sue minzioni (la fine del pannolino!) o di allacciarsi il cappotto o di andare a scuola da solo! In effetti, mi sembra corretta la scelta, molto più sfumata, dei “traguardi per lo sviluppo delle competenze”, di cui alle Indicazioni nazionali. Poi bisogna avere ben chiara la differenza che corre tra abilità e competenza e, se vogliamo, in via prioritaria, tra capacità e abilità, e ancora, tra conoscenza in quando dati e informazioni appresi, compresi, acquisiti, “archiviati”, e conoscenza in quanto elaborazione e/o produzione di informazioni. Comunque, è la “legge” (il dpr 122/09 sulla valutazione) che impone la certificazione delle competenze per bambini e adolescenti, quindi… E non è affatto casuale che tanti insegnanti abbiano difficoltà a definire e accertare competenze – se poi di competenze si tratta – a livelli così bassi di età;
  2. b) perché “profilo delle competenze” e non, invece, “competenze” chiare e tonde? La risposta discende dal punto a). Probabilmente gli estensori del documento si sono resi conto della materiale impossibilità di descrivere competenze a tutto tondo;
  3. c) ovviamente, la dizione “profilo” comporta una scritturazione abnorme e a volte involuta. Si guardi ad esempio al profilo 3 della scuola media o al profilo 7 della primaria. Forse era difficile per gli estensori individuare, definire e descrivere una precisa e circoscritta competenza, data la scelta del “profilo” più che della vera e propria “competenza”. Insomma, tra profilo e competenza corre una grande differenza concettuale e semantica. Se penso a un ingegnare o a un giudice o a un cuoco o a un agente di commercio, non posso contentarmi di un profilo generico, ma esigo un titolo di studio a tutto tondo e con l’indicazione di un preciso e mirato corso di studi;
  4. d) non convince l’intreccio delle competenze culturali – lato sensu – con le competenze chiave di cittadinanza, per le ragioni che abbiamo già ricordate: al limite, un alunno può essere un genio in matematica, ma nel contempo rubare le merendine ai compagni; un altro può essere generoso con tutti, ma incapace di fare due più due, o di esprimere un pensiero compiuto;
  5. e) perché quattro livelli di indicatori e non tre, come nella certificazione dell’obbligo di istruzione? Per non dire di quella goffa espressione del livello iniziale D: “se opportunamente guidato/a”: vuole significare una sorta di salvataggio dei mediocri? Sempre che il “mediocre” sia un giudizio accettabile in una scala valutativa che abbia un minimo di correttezza. O forse si è voluto evitare che è anche possibile che qualche competenza non accertata non venga certificata? Eppure, la scelta fatta con il dm 9/10 (modello di certificazione conclusivo dell’obbligo) va proprio in questa direzione, quando si afferma: “Nel caso in cui non sia stato raggiunto il livello base, è riportata l’espressione ‘livello base non raggiunto’, con l’indicazione della relativa motivazione”;
  6. f) che cosa significa al livello avanzato che l’alunno “propone e sostiene le proprie opinioni…”? Un ingegnere o un cuoco deve essere in primo luogo “certo e padrone di ciò che fa”! Non si guida un’auto o un treno Frecciarossa proponendo e sostenendo opinioni. Non si deve confondere un “fare” certo e oggettivo, con un “pensare” o un “dire”, che riguardano un altro aspetto del nostro essere attori;
  7. g) che cosa significa affermare come “indicatore esplicativo avanzato” che un alunno, sia di 11 che di 14 anni, “svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità”? Tutto e nulla! Quali sono i problemi complessi che un 11enne o un 14enne può e deve affrontare? Spendere al meglio la paghetta settimanale o costruire un’auto ibrida, che oggi va tanto di moda? La genericità non aiuta a capire che cosa veramente il nostro alunno di livello avanzato sa, sa essere e sa fare;
  8. h) e, per concludere, non credo che competenze serie si acquisiscano “a rate”, un primo pezzo a 11 anni, un secondo pezzo a 14 e quello conclusivo a 16!

Si tratta di fattori critici non indifferenti Eppure, sembra che qualcuno al Miur stia lavorando alla definizione delle competenze relative alla terminalità dell’istruzione di secondo grado, ma, se tanto mi dà tanto, temo molto circa il prodotto che ci verrà proposto.

Per tutte queste ragioni, ritengo che le schede di certificazione redatte dall’amministrazione possano ingenerare più confusioni che operazioni certe. Pertanto, intendo riproporre all’attenzione di chi legge un modello di certificazione conclusivo del primo ciclo, nato da una serie di percorsi di formazione continua con insegnanti di istituti comprensivi del Lazio e della Campania. E’ stato prodotto come documento intermedio rispetto a quello conclusivo dell’intero obbligo decennale, l’unico formalmente valido ai fini delle ulteriori scelte dell’obbligato.

ALLEGATO: Certificazione della Competenze della Scuola Media


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Posted 22 Febbraio 2015 by admin in category articoli

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